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Peppino Landolfo “Critica si, no alle offese professionali. Tre storie da raccontare”

La politica sana e seria impone ai soggetti che la professano, un minimo di decenza  nel porre un argine, una linea di confine tra la sfera dell’azione politica e quella professionale e privata. Fin quando la critica si limita ad attaccare l’azione politica anche se con toni aspri, ben venga: sono il primo a criticare da anni a viso aperto, a torto o a ragione, ma mai oltrepassando la linea di confine. Quando qualcuno è accecato dall’invidia, dall’odio e dalla cattiveria, pur di far del male, oltrepassa questa linea allora occorre reagire. In che modo? Con la stessa moneta, ma con una eccezione che rispetta la deontologia professionale: questo lo dirò alla fine delle tre storie. Permettetemi quindi di svestire i panni istituzionali per raccontarle da giornalista. Comincio da una storia che riguarda il soggetto più anziano. Sto parlando di un “signore” che puntualmente, ad ogni elezione, si aggrappa a qualcuno per proporre un proprio pargolo, presunto scienziato di pratiche amministrative sociali. Per fortuna dei grumesi, gli è andata bene solo una volta, perché i danni che ha provocato con lo sperpero di denaro pubblico, sono ancora sotto gli occhi di tutti. Eppure questo “signore” dopo aver usato anche le pagine del mio giornale per attaccare tutte le amministrazioni, si erge ancora a sapientone offendendo sul piano personale. La seconda storia riguarda un soggetto che definire clown di corte prezzolato sarebbe offensivo per la nobile professione di clown. Un soggetto che soffre di qualche patologia particolare in quanto, nessuna forma di vita terrestre fornita di un minimo di intelletto, riesce a capire ciò che  scrive e afferma con cattiveria e confusione mentale. Questo soggetto ha scambiato gli enti pubblici per bancomat, tant’è che millanta conoscenze per propri fini e, dove non trova la strada aperta – peraltro anche questo soggetto si propone puntualmente da assessore a vita ma rimanendo sempre a piedi – non fa altro che offendere, attuando la strategia della delegittimazione. Passiamo alla terza storia, e qui vorrei massima attenzione da parte del lettore perché parliamo di consulenze d’oro, raccomandazioni. Per capire il soggetto protagonista della storia, partiamo da un importante politico territoriale e dalle vicende giudiziarie di un parente del soggetto protagonista della storia. Un politico per certi versi, in debito morale nei confronti del parente per i fatti giudiziari trascorsi. Ed ecco che dopo i piagnistei, arriva un primo incarico pubblico da 20.000 euro, incarico poi sottoposto a verifica da parte della Corte dei Conti per danno erariale. Non contento il soggetto, altro piagnisteo, torna alla carica e ottiene un nuovo incarico presso un ente pubblico, togliendolo di fatto ad un collega che a sua volta aprì un contenzioso per lo sgarbo professionale subito. Un soggetto che nonostante questi incarichi forzati, dopo il definitivo allontanamento, non esitò un solo istante a spargere fango sulle disgrazie del politico che fino a qualche settimana prima, gli aveva dato il pane. Un soggetto che con tali comportamenti mette sotto i piedi non solo l’etica e la deontologia professionale, ma, essendo afflitto da particolari complessi di inferiorità, spruzza odio, invidia e cattiveria al punto da spaccare famiglie e far scomparire perfino gruppi politici. E l’unico sfogo che gli rimane – visto che gli manca qualche altro sfogo – é offendere le persone perbene. L’eccezione di cui ho parlato? Il rispetto della privacy da parte di un giornalista vale anche per i maligni. Fa parte della deontologia professionale, quella seria. 

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