La vicenda della fabbrica di scarpe chiusa senza pagare gli operai dopo anni di lavoro, è l’occasione per accendere i riflettori sul fenomeno del lavoro nero, dell’evasione tributaria e fiscale, delle precarie condizioni di igiene e sicurezza, le mortificazioni, i rischi per la salute. Nello specifico gli operai buttati in mezzo ad una strada senza alcun preavviso ci hanno ricordato di ben 6 morti per tumori. Gli operai che stanno mettendo in atto tutte le azioni per la tutela dei propri diritti e delle loro spettanze economiche, ci hanno pregati di rispettare la loro privacy e per questo useremo nomi di fantasia.
Federica:“Ho lavorato insieme a mia sorella per oltre 13 anni, mentre un’altra sorella è andata via prima rivolgendosi ad un legale per ottenere ciò che gli spettava. In 13 anni solo pochi mesi inquadrati e un pò di riposo per la disoccupazione. Quando c’erano i controlli della Guardia di Finanza ci assumevano con una ditta prestanome dei veri titolari di fatto i quali incassavano i soldi e ci sottopagavano. Abbiamo lavorato per nove ore al giorno in condizioni igieniche e di sicurezza fatiscenti, tutto a rischio per la nostra salute. Spesso i controlli venivano preannunciati da qualcuno e quindi si faceva un pò di pulizia e si scappava per non farsi trovare. Non sarà un caso che ben 6 operai che hanno lavorato in questa fabbrica da quando ho lavorato io, sono morti per tumori. L’esigenza di avere un lavoro, ci ha portato a subire mortificazioni di ogni genere sia sul piano lavorativo che umano. Nessun rispetto delle regole fondamentali per un essere umano ritenuto tale, trattati peggio delle bestie. Per carità tutto è possibile che per mancanza di lavoro si chiude, ma prima occorre saldare i debiti di lavoro, nessuna pretesa, ma ciò che spetta di diritto. Su di noi hanno evaso migliaia e migliaia di euro a livello tributario e assistenziale. E poi avere il coraggio di affrontare la situazione non scappando via, cosa che è ancora più squallida”
Lucio: “Io sono uno di quelli che era inquadrato con la solita ditta prestanome ma per ottenere il versamento della contribuzione dovevo ritornare indietro nelle mani dei soci di fatto, gli assegni familiari e il bonus di 80 euro: con questi soldi miei mi pagavano i contributi che spettava loro pagare. Sempre presi con il cappio al collo, prendere o lasciare in un momento dove non si trova lavoro e con una famiglia da mantenere”
Alessadra: “Lavoravo 9 ore al giorno per meno di 40 euro, a volte anche di sabato. Mai un contributo versato, solo mortificazioni sul piano personale. Ho visto la morte passare vicino a me e piango chi ho conosciuto in quel luogo fatiscente. Anche per loro la nostra lotta sarà dura per ottenere giustizia”.