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Grumo Nevano, DIETA & PSICHE, SE LA BILANCIA NON VA MAI GIU’

Pubblichiamo un articolo apparso su Il Mattino di stamani a firma del biologo nutrizionista grumese, Francesco Aversano e della psicologa Clara Cristofaro

Francesco Aversano *Clara Cristofaro ** fonte Il Mattino
Quante volte ci siamo detti: Sono a dieta da domani, oppure: da lunedì mi iscrivo in palestra. Cosa succede in realtà? I giorni, le settimane passano, e quei buoni propositi si fanno sempre più lontani. Ed ecco che improvvisamente nella mente si affacciano soluzioni di ogni genere: diete lampo, pillole miracolose, sofferti digiuni e addirittura interventi chirurgici. Perché non riusciamo a metterci a dieta o a mantenere i risultati raggiunti? Eppure la volontà sembra non mancarci. Il più delle volte si ricomincia a mangiare in modo disordinato, ritornando se tutto va bene, al vecchio peso forma. Ma cosa c’è dietro a questo meccanismo ripetitivo?
Sicuramente qualcosa che parte dalla nostra mente: le emozioni prendono il sopravvento sul bisogno fisiologico di nutrirsi, comportando la perdita del controllo dei cibi ingeriti, in termini di quantità, qualità, ma anche di orari dedicati ai pasti. C’è chi mangia per calmare la propria aggressività, chi per malinconia, chi per ansia, chi addirittura quando si sente energico e felice. Spesso dipende dal momento psicologico che si sta vivendo.
Chi è in sovrappeso, è consapevole di non riuscire il più delle volte a controllare l’impulso di assumere cibo. È spesso la fame emozionale a guidarne i comportamenti. Quest’ultima, la fame emozionale, è regolata dalla dopamina, una molecola organica appartenente alla famiglia delle catecolamine, che nell’encefalo di esseri umani e altri animali ricopre l’importante ruolo di neurotrasmettitore. Il quale è coinvolto nel sistema di ricompensa cerebrale e del piacere, nelle dipendenze alimentari, e non solo (droga, sesso, sport, etc.). Che cos’è il sistema di ricompensa? È un insieme di strutture cerebrali, che vengono attivate quando facciamo qualcosa che incrementa un piacere, come per esempio mangiare. Quando il cervello è esposto a una serie di stimoli gratificanti, risponde rilasciando dopamina. Nel cibo ci sono alimenti che hanno un moderato rilascio di dopamina, come ad esempio una carota; oppure ci sono alimenti ad alto rilascio di questo neurotrasmettitore, come può essere un dolce o una lasagna. Se poi la ricompensa non arriva, la dopamina può decrescere invece che aumentare, e la diminuzione di dopamina non è mai una sensazione piacevole! Ed è proprio nei momento di stress emotivo, che si va alla ricerca di alimenti che stimolano il rilascio di dopamina. Quindi come fare per non incorrere in questo meccanismo di ricompensa da cibo, e successivo rilascio di dopamina? Si è detto, che il rilascio di dopamina si può avere anche in risposta a un’attività piacevole, ma l’attività piacevole può essere anche fare sport o raggiungere un obiettivo. Quindi, la soluzione più conveniente, sarebbe stimolare la produzione di dopamina, non più con il cibo ma con un’attività piacevole, come praticare uno sport o coltivare una passione.
Il desiderio di cambiare, si scontra spesso con l’incapacità di ottenere risultati soddisfacenti e duraturi. Per questo motivo, insorgono emozioni come senso di colpa, frustrazione, vergogna, che contribuiscono a mantenere il problema se non a peggiorarlo.
Mi è capitato più volte di osservare, nel mio studio, lo sguardo di chi ingrassa, di chi compie sforzi indicibili, provando diete di tutti i tipi, quasi sempre fallimentari. È uno sguardo pieno di sensi di colpa, uno sguardo che esprime tutta la stanchezza dovuta alla battaglia interiore che combatte quotidianamente: devo farcela, voglio farcela si ripete ma, paradossalmente, ogni piccolo fallimento fa tornare a mangiare ancora di più. Se facessimo un’indagine, non sarebbe così difficile trovare una persona obesa, che nasconde un disagio psicologico, personale o relazionale, sotto quella grande quantità di grasso. Spesso dietro una storia di cattivo rapporto col cibo, si nasconde un problema di accettazione di sé, la necessità di soffocare il vuoto emotivo, il bisogno di nascondere un segreto. Ma qualsiasi sia la causa non bisogna avvilirsi perché è sempre possibile contrastare la tendenza a divorare cibo o abbuffarsi, andando in fondo a se stessi, cercando di conoscersi meglio e capire da cosa deriva il proprio erroneo comportamento alimentare. Qualsiasi stile alimentare funzionerà soltanto se comprendiamo prima la «fame della mente», le mancanze che il cibo compensa, il bambino insoddisfatto che è in noi. Non è possibile dimagrire, se prima non abbiamo risvegliato una passione, un desiderio, un interesse: parliamo di psicodieta che ha come obiettivo il miglioramento di tutti gli aspetti della vita attraverso un percorso di tipo psicologico-alimentare.
Il primo passo da compiere è lavorare sull’autocontrollo al fine di favorire l’acquisizione di uno stile di vita sano, sulle emozioni e i comportamenti legati al cibo cercando di rompere il legame tra cibo ed emozioni e sull’autostima e gestione dello stress, esercitandosi a gestire con successo gli ostacoli che si presenteranno nella vita quotidiana.
In alcuni casi è interessante anche il lavoro di gruppo, dando alle persone l’opportunità di lavorare insieme, di condividere le difficoltà ma anche i successi, di ricevere sostegno nel superare i momenti complicati e di riflettere insieme per imparare a lavorare sempre meglio su se stessi. L’utilizzo della tecnica dell’universalità (condividere progressi e difficoltà con gli altri membri del gruppo) permetterà di sentirsi meno soli e di raggiungere più facilmente gli obiettivi prefissati.
In conclusione, voglio solo citare alcuni casi che riguardano situazioni ben diverse, in cui si parla di veri e propri disturbi alimentari. I più diffusi sono l’anoressia (che riguarda il rifiuto del cibo o la sua espulsione e che spesso comporta una percezione delirante del proprio corpo) e la bulimia (che provoca un impulso irrefrenabile ad assumere cibo in grandi quantità, accompagnato da comportamenti di espulsione). È luogo comune pensare che tali disturbi siano causati dalla moda, dalla tv, dai social, dalle pubblicità che ci vogliono e ci impongono di essere fisicamente perfetti. Questi sicuramente sono fattori incisivi, ma pur sempre soltanto coadiuvanti, che possono sicuramente favorire la nascita di questi disturbi, i quali però derivano da fattori più seri che vanno assolutamente ricercati in se stessi e nelle proprie relazioni e sui quali bisogna cominciare a lavorare chiedendo serenamente aiuto.
Anche in questi casi non bisogna disperare perché nessun ostacolo di questo genere è insormontabile se alla base c’è la volontà e la determinazione nel volerlo superare.
* Biologo Nutrizionista
Specialista in Biochimica Clinica
Dottore di Ricerca
in Biotecnologie Mediche
** Psicologa e Psicoterapeuta

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