Le indagini concluse nel semestre confermano, peraltro, sia la persistente forza di intimidazione, consenso e controllo del territorio del cartello dei CASALESI – nonostante lo stato di detenzione dei capi clan – sia la commistione dell’organizzazione con apparati amministrativi ed imprenditoriali locali: è rilevante, infatti, la sequenza di investigazioni riportate nel paragrafo dedicato alla provincia di Caserta che hanno investito il capoluogo e diversi comuni limitrofi, coinvolgendo amministratori e funzionari, tutti espressione di una parte della classe dirigente accomunata da obiettivi di arricchimento personale e disponibile, per questo, ad intrecciare rapporti con la criminalità organizzata.
Acerra, Afragola, Arzano, Caivano, Cardito, Casalnuovo, Casandrino, Casavatore, Casoria, Crispano, Frattamaggiore, Frattaminore, Giugliano in Campania, Grumo Nevano, Marano di Napoli, Melito, Mugnano di Napoli, Qualiano, Sant’Antimo, Villaricca e Volla.
La patologia di tali rapporti, cementati dalla corruzione, si realizza attraverso l’illecita concessione di autorizzazioni, licenze e varianti urbanistiche; con l’omissione dei controlli e con l’imposizione di assunzioni, di affidamenti di incarichi di progettazione, di lavori e manutenzioni, fino all’aggiudicazione della gara all’impresa camorrista. Tra le metodologie utilizzate per orientare le gare di appalto, la linea di tendenza è quella di attuare il cosiddetto “metodo del tavolino”, che consiste nel programmare una rotazione illecita degli appalti pubblici, che si fonda sull’accordo tacito secondo il quale, a turno, tutte le imprese partecipanti al “sistema” si impegnano preventivamente ad offrire, nel corso della gara, il maggior ribasso – già concordato – acquisendo in questo modo la certezza di ottenere l’aggiudicazione dell’appalto pubblico. Il previo accordo oltre a rendere meno visibile la presenza mafiosa, eviterebbe il generarsi di contrasti, rendendo allo stesso tempo più complessa l’attività repressiva. Significative delle modalità attraverso le quali si estrinseca il rapporto tra camorra e imprenditoria collusa sono risultate le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia rilasciate nel corso di un interrogatorio, in occasione del quale avrebbe ben illustrato come l’aggiudicatario di un appalto acquisti dal clan, allo stesso tempo, una sorta di “pacchetto” di assistenza, che comprende la difesa da richieste estorsive da parte di altre famiglie camorriste e l’intervento nei confronti di funzionari ed amministratori comunali nel caso dovessero tentare di rallentare, anche a seguito di controlli legittimi, l’esecuzione dei lavori. È evidente che, in questo modo, il sodalizio diventa una sorta di “associato in partecipazione occulta” dell’impresa, nella quale conferisce, al posto del denaro, la forza di intimidazione camorristica, ricavandone come compenso una percentuale sul corrispettivo percepito dall’imprenditore.
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