Loredana Puca è una ragazza d’oro. Entusiasta, piena di vita, fa parte della larga schiera dei cervelli in fuga: è volata da Sant’Antimo nel napoletano a New York per fare ricerca. Senza lasciarsi abbattere da un test andato male, quello di ammissione a Medicina “non superato per un paio di punti”, si è laureata alla Federico II con lode e menzione sia in Biotecnologie per la Salute che in quelle Mediche alla Magistrale.
Ora a soli 32 anni ha vinto il Merit Award 2017 della Conquer Cancer Foundation, il premio riservato ai migliori giovani oncologi di tutto il mondo per uno studio, fatto alla Cornell University di New York. “Ho vinto per una ricerca – spiega Loredana all’Adnkronos – su un farmaco specifico che riconosce le cellule di cancro rispetto a quelle benigne e, una volta individuate, grazie a una proteina bersaglio, che è sulla loro superfice, ne causa inesorabilmente la morte”. Talento della medicina e figlia modello, Loredana ammette di aiutare la madre, casalinga e vedova, nel pagare l’affitto “insieme ai miei fratelli dall’Italia”, perché “credo che sia giusto, la nostra mamma ci ha dato tutto: è stata impagabile“. “Il mio Paese non mi ha mai dato lo stipendio, ma in un certo senso i soldi tornano indietro” aggiunge ridendo senza sapere probabilmente che in realtà sono in tanti a fare come lei. Le rimesse degli italiani, emigrati all’estero, ossia i soldi che inviano ai parenti rimasti in patria sono pari a quasi mezzo punto di Pil. Dall’ultima Relazione annuale di Bankitalia, relativa al 2016, risulta che i nostri connazionali hanno guadagnato all’estero e portato a casa 7,2 miliardi di euro. Subito dopo la laurea a Napoli, è partita per Parigi perché, spiega, “avevo già capito che alcune dinamiche mi stavano strette: tanti miei colleghi lavorano praticamente gratis e non volevo finire come loro”. Ha fatto colloqui in tutta Europa, mentre era ancora alla specialistica per fare il dottorato e ha scelto Parigi, dove è stata quattro anni. Neanche la Francia, però, era abbastanza per Loredana che “sognava di più dal punto di vista del lavoro“. “Quando sono arrivata qua a New York ho capito che non mi sbagliato perché c’è una libertà creativa che non ho visto nemmeno Oltralpe e ci sono tanti fondi. La ricerca senza soldi non va da nessuna parte”. Nonostante la malinconia, la distanza con i familiari, Loredana ha sempre la voce allegra e guarda avanti. Ora racconta “creo dei mini-tumori in laboratorio con il tessuto del malato e, una volta pronti, testo dei farmaci per vedere se c’è una risposta specifica di quel paziente. Si chiama medicina personalizzata” dice all’Adnkronos. “Dico sempre: ‘non è che ho trovato l’America’. E’ lei che ha trovato me perché mi hanno saputo dare le possibilità di fare quello che mi piace”. “Cervello in fuga? Non direi, meglio ‘cervello curioso‘” conclude via Skype. Ci scrive qualche giorno dopo via Facebook. “Se posso volevo aggiungere una cosa e parlare dell’American Italian Cancer Foundation che dal mio arrivo qui mi ha sponsorizzata per i primi due anni. Si tratta di una fondazione che finanzia ricercatori italiani che vogliono fare un’esperienza in America. Mi sembra giusto menzionarla dal momento che è comunque legata all’Italia e penso sia una bella cosa da far conoscere” per dare a tutti un’opportunità di vivere una favola come la mia. Intervista rilasciata a www.adnkronos.com a cura di Chiara Moretti