Una triste vicenda del clan dei casalesi che negli atti giudiziari vede coinvolto anche un imprenditore grumese, ci insegna come la cultura della legalità sia interpretata in maniera personalistica e spesso a doppia facciata
Le ultime vicende che stanno interessando anche il comune di Grumo Nevano, ci hanno portato a fare delle semplici e legittime riflessioni su cosa possa essere o significare la cultura della legalità in tutti noi e in particolar modo in chi, in maniera diretta o indiretta partecipa alla vita politica e amministrativa di una comunità. Una riflessione di carattere generale che vale per tutte quelle persone che della legalità ne fanno doppio uso.
Premesso che la cultura della legalità vorrebbe che essa fosse sempre presente come punto di riferimento in tutte le azioni politiche, amministrative ed economiche, anche in quelle che possono essere costrette da terze persone, riteniamo che non bisogna mai professarla a piacimento a seconda delle opportunità del momento per poi dimenticarsene quando invece occorre che essa si faccia valere e sia di supporto agli inquirenti, alle decisioni importanti.
Prendiamo spunto da una triste vicenda che per certi versi s’intreccia con la politica. Dagli atti giudiziari resi pubblici anche in rete, abbiamo letto di estorsioni, di imprenditori che in un secondo momento, ben per loro, sono stati poi considerati vittime del clan ma, inizialmente, a dire del pubblico ministero, erano le persone che incassavano le estorsioni per conto del clan tanto da chiederne addirittura la custodia cautelare respinta poi del gip.
Così come uno di loro, proprio l’imprenditore vittima grumese, a detta dei pentiti, si fosse incontrato con il più ricercato d’Italia di quel tempo, anche se costretto dagli eventi e dalle situazioni ambientali, per pianificare i nuovi importi delle estorsioni che dovevano versare altri colleghi imprenditori del luogo.
Ecco, è questo esempio il punto cruciale dell’interpretazione della cultura della legalità. Era proprio in quell’istante che essa doveva emergere senza esitazioni, senza se e senza ma, il coraggio di affermare la legalità senza paura, recarsi dalle forze dell’ordine e denunciare tutto, indicare i luoghi, i fatti, l’incontro con il più ricercato della nazione.
Purtroppo non tutti si chiamano Libero Grassi o Ignazio Cutrò o Pio La Torre, così come nella società civile e in politica.
La cultura della legalità o si detiene nel proprio dna sempre, oppure meglio non vantarsene, specialmente in chi detiene cariche importanti, perchè per certi versi, anche se costretti da fattori contingenti, nei fatti, non volendo poi si diventa complici. E’ per questo che siamo nel fango, e parliamo in generale, un discorso che vale per tutti quelli che della legalità ne fanno doppio uso.
Ecco, a Grumo Nevano occorre riportare in primo piano la cultura della legalità. Non è che tale cultura non ci sia mai stata, o è andata smarrita, occorre farne tesoro sempre, in primis in tutti quei soggetti che esercitano cariche pubbliche, cariche amministrative, cariche di controllo, e la prima cosa da fare, è quella di isolare chi direttamente o indirettamente, potrebbe avere comportamenti illeciti o particolari interessi e conoscenze dubbie che potrebbero avere forti ingerenze nella vita amministrativa locale e di riflesso in tutta la comunità.
Massima e piena fiducia nella Procura di Napoli Nord che ci auguriamo, faccia ben presto luce su tutto, per il bene e la rinascita della nostra città.